Ma come esiste una “città del sollievo”? Corriamoci subito penseranno alcuni lettori. Ebbene si, dal 16 Novembre la cittadina di Ripatransone nelle Marche si fregia della qualifica di “città del sollievo”. Non perché sia dotata di splendide SPA, di cliniche di lusso o di stuoli di psicologi specializzati ma perché la sua popolazione, ben guidata dalle autorità culturali e amministrative, ha fatto della “cultura del sollievo” la sua bandiera.
Che cosa si intende per sollievo verrà da chiedersi. Chiaramente innanzitutto sollievo dal dolore fisico qualora presente, ma anche sollievo dalla solitudine, dalla paura, dalla sofferenza esistenziale.
E come si fa a…offrire sollievo? Al di là delle competenze cliniche ove necessario, ascoltando, accogliendo, accompagnando, condividendo: in una parola “essendoci”!
E’ questa la cultura del sollievo che ha fatto breccia nel cuore dei Ripani (così si chiamano gli abitanti di Ripatransone). E’ quindi con intelligenza e apertura mentale e del cuore, che nelle scuole si sono fatti lavori significativi in occasione della “Giornata del Sollievo” indetta dalla Fondazione Gigi Ghirotti insieme al Ministero della Salute e giunta quest’anno alla sua X^ edizione. Praticamente sin dalle elementari si insegna ai bambini il valore della solidarietà.
Ero presente quando Prof. Cellini presidente esecutivo della Fondazione Ghirotti ha consegnato al Sindaco la targa che verrà apposta all’ingresso della città e ho respirato il calore e la partecipazione dei tanti cittadini che gremivano la sala rossa del Comune. Mi è stato chiesto di testimoniare sul sollievo che vivo nella mia attività di volontariato e mentre ricordavo alcune esperienze recenti vedevo la commozione affiorare sul viso di molti presenti. Alla fine della breve cerimonia c’è stato un grande scambio di baci e abbracci condito da qualche lacrima di condivisione. Una bella serata ricca di…carezze per l’anima.
E ora non posso fare a meno di scrivere due parole su Ripatransone, strategicamente posizionata sul crinale di un colle, che mi ha affascinata fin dal momento che ne ho respirato l’aria asciutta e sottile, ho ascoltato il “rumore del silenzio”, ho camminato nei suoi vicoli strettissimi, ho ammirato le case e i palazzi costruiti in mattoni, le chiese ricche di opere d’arte e lo splendido panorama dalla terrazza del Piceno, ho parlato con tanti suoi abitanti e ne ho apprezzato lo spirito di solidarietà e la voglia di “esserci” gli uni per gli altri.
E che dire delle sue specialità culinarie? Vincisgrassi, olive ascolane, maccheroni di Campofilone, cremini fritti: tutte prelibatezze che come si diceva una volta…farebbero resuscitare un morto. In fondo anche un buon pranzo in buona compagnia può essere occasione di sollievo!
Marinella