Mi è già capitato altre volte di scrivere su persone assistite in hospice con le quali avevo stabilito legami affettivi forti ma oggi invece sento l’esigenza di condividere con voi la relazione particolare che si era creata con due familiari.
T. una signora anziana, mia coetanea, originaria di Ceccano e assistita con infinita cura da una figlia bravissima che ha trascurato una famiglia particolarmente bisognosa della sua presenza (una bimba di 9 anni, il marito, il suocero e un cognato disabile) per dedicarsi completamente alla Mamma. Ma T. non voleva accettare la sua fase clinica e se la prendeva con la povera figlia. Lunedì mentre ero in hospice è stato comunicato alla figlia che la fine si approssimava e la poverina è stata presa da una crisi di disperazione che le impediva quasi di respirare. Un lungo abbraccio, il suo viso appoggiato al mio collo, pelle a pelle, il singhiozzare piano piano si è trasformato in pianto e poi un lungo colloquio con la psicologa e stretta a me, l’hanno aiutata a riprendersi. Mi sono sentita mamma per lei in quei momenti e questo ha creato un legame forte e intenso.
R. era un signore nell sessantina, di bell’aspetto e buona posizione socio-economica: una figlia sposata all’estero, un figlio e una moglie che lo hanno assistito amorevolmente nella sua lunga degenza in hospice : 7 mesi! Un tumore al cervello che praticamente lo aveva “allontanato” dai suoi cari sin dal momento della diagnosi, sette mesi e mezzo fa.
Questa lunghissima frequentazione con la moglie , che era là ogni giorno e con la quale nelle tante ore trascorse insieme ho condiviso ogni emozione, pianti e ricordi di un passato così recente e così lontano anni luce dal presente, discorsi superficiali di cibo, di vestiti, del quotidiano nei quali riemergeva tutta la forza e la vitalità di questa donna ancora giovane e bella ma già così provata dalla vita anche per altri lutti precedenti Siamo salite tante volte sulla stessa automobilina di un ottovolante emozionale nel quale rapidamente si risaliva e poi si scendeva giù in picchiata. Quando ci salutavamo era sempre con un abbraccio lunghissimo e strettissimo nel quale passavano tutte le parole che non sapevamo dire, tutta la mia partecipazione al suo dramma e tutto il suo “affidarsi” alle mie braccia che volevano essere consolatorie e protettive.
Stamane alle 08.00 mi ha telefonato ed ho subito capito. Abbiamo parlato serenamente dell’evento atteso, per questa lunghissima pre-agonia, e temuto nello stesso tempo. Sono andata subito in hospice e questa volta l’abbraccio è stato lungo ma “morbido” come se la tensione fosse caduta. Ora è il momento delle lacrime ma sono fiduciosa che la “Rossella” che è nascosta dentro questa donna che ha tanto sofferto in questi lunghi mesi, risalterà fuori e la aiuterà a riprendere il cammino della vita.
Ma… entrando in hospice ho trovato nell’ingresso la figlia di T. in lacrime. Anche la sua Mamma è mancata ieri sera e G. era lì sola in attesa di suo marito. Anche con lei un abbraccio, questa volta veramente con sentimenti materni, l’ha aiutata a buttare fuori la sua tristezza e tutto il suo dispiacere. E’ stato bello sentirle dire che in hospice aveva trovato una famiglia e che si è sentita tanto aiutata nell’affrontare il suo calvario.
Basta così poco per far sì che i familiari si sentano appoggiati e sostenuti nel difficile percorso dell’accompagnamento di una persona cara. Questo mi ha fatto tornare in mente la promessa che mi sono fatta la mattina del 21 Agosto 1964 quando è morta mia Mamma “se potrò un giorno farò qualcosa perché almeno qualcuno non viva una vicenda umana così terribile in solitudine”.
Uscendo dall’hospice ho ringraziato Dio che stamane mi ha consentito di essere accanto a due persone che mi…avevano preso il cuore.
Marinella